È andata così: io volevo andare a vedere Cogan, ma poi l'influenza mi ha piegato in quattro. Alcuni giorni di reclusione e spremute d'arancia in un limbo fatto di ottimi libri e febbre alta. Così Cogan, unica proiezione al cineforum, se n'è andato, ma questa è un'altra storia. Appena ripreso decido per una serata fuori, tanto per ricordarmi che odore ha l'aria. La scelta è Alì ha gli occhi azzurri, italiano, con intenti precisi di analisi di certe situazioni sociali. Credo.
La serata l'abbiamo organizzata a metà: delle due abbiamo indovinato il titolo e sbagliato l'orario. Quando ci siamo presentati inn biglietteria, il film veleggiava verso il suo secondo quarto d'ora. Colpa nostra (mia, soprattutto) e del fidarsi della consuetudine. Con le scelte ridotte all'osso, abbiamo evitato il cineantipasto (preludio di una serie di cinepanettoni tricolori), è rimasto solo il film con il vecchio.
Tutti sanno che io Clint Eastwood non lo amo particolarmente, e parlo di entrambi i lati della cinepresa. Però questa volta non mi è dispiaciuto. Fa la parte del vecchio burbero con qualche acciacco e un po' più tenero del solito. Certo non una cosa originalissima, ma almeno piacevole. Il film parla del baseball, in qualche modo, del rapporto con la figlia, troppo letterale, con colpo di scena finale che in fondo non aggiunge molto al ruolo di genitore come personaggio.
Commediola agrodolce e prevedibile che però ha salvato una settimana partita male sotto ogni aspetto possibile e immaginabile. Decisivi i commenti dei vicini di poltrona.
Voto: 6
Davide Mazzocchi