After Earth - Boh, non so, non saprei...

Una regola che mi sono imposto è di parlare di qualcosa solo dopo averla capita. Per me After Earth è rimasto un mistero fino a pochi minuti fa, e sono passati quei cinque giorni dalla visione. Non è la trama a mettermi in difficoltà, nemmeno l'ambientazione. La cosa difficile è stata capire il rapporto tra me e il film.

Due episodi: uno appena usciti dal cinema, l'altro il giorno dopo. Ve li riporto così come sono capitati.

Titoli di coda, un tentativo di applauso di qualche buontempone, mi alzo e mi aggrego al coro dei delusi. Con il mio gruppo formo il solito cerchio appena fuori dalle porte del cinema e do inizio alla sessione di commenti. Di solito sono quello più chiassoso e chiacchierone: per me il film è (o crea) un legame emotivo, se tocca le corde giuste, le mie intendo, allora avrà fatto centro. Volano vari aggettivi ed epiteti più o meno amichevoli nei confronti di regista e scrittore (Shyamalan e Smith). Io ascolto e quando gli altri mi guardano per sentire un parere, eludo con un "non so... boh... non saprei."

Il giorno dopo. Siamo in ballottaggio per la recensione. Mi chiedono: "La fai tu?" "Ok, ho un paio di idee per farla. Ci penso su e in serata la scrivo." Le idee sarebbero state queste:
  1. Sfoderare il sarcasmo delle migliori occasioni e svuotare il caricatore con una mitragliata di critiche su tutti quanti, me stesso compreso.
  2. Raccogliere la sfida e trovare tutto quello che di bello il film mi ha offerto, pur scrivendo ben chiaro che il film ha fallito.
La capite la faccenda? Era un altro "Boh... non so... non saprei..." Ma adesso ho capito.

Erano gli anni '80, di certo, e io scrivevo a malapena il mio nome. Non ricordo l'emittente, ma credo che settimanalmente dessero in televisione dei film prodotti dalla Disney per il mercato Home Video. In questi film i protagonisti erano invariabilmente bambini e la struttura della trama era quella classica: Presentazione della situazione, conflitto e presentazione del "cattivo", sviluppo del conflitto, vittoria sul cattivo, grasse risate.

È questa la chiave, ed è per questo che il film ha un che di "già visto", proprio perché la stessa trama l'avrò goduta centinaia di volte seduto nella piazza sinistra del divano (il mio posto storico) davanti alla tivù. Per questo non riesco a cassare il film anche se lo meriterebbe.

Sentite, facciamo così: non gli metto nemmeno il voto (per la gioia dell'editor), ma voi non andate a vederlo, recuperatevi magari un vecchio film Disney, un nipotino piccolo e passate un pomeriggio a farvi due risate e a godervi dei bei ricordi. Affare fatto?

Davide Mazzocchi

Il terzo Hangover fa sempre ridere

C’è sempre un dubbio che attanaglia lo scrupoloso recensore di un threequel, che è il sequel di un sequel, detto anche "triquel" o "trequel": il film va valutato come opera a sé o nel contesto della serie? Chiedete un parere a un amico che ha appena visto un sequel, o un trequel, o un quaterquel (quest’ultimo, pronunciabile correttamente solo da Paperopolesi, è un neologismo mio e me ne scuso). Nel 90% dei casi non darà un parere sul film in sé, e nell’85% tutto ruoterà attorno all’assioma che il film, rispetto al primo della serie, è una ciofeca (o sinonimo più o meno volgare). Spesso il sequel è quello MOLTO deludente. Del trequel invece di si dirà che va beh, non è all’altezza del primo (che resterà inarrivabile), ma è sempre meglio di quella ciofeca del sequel. Dal quatertel in poi si resterà nel limbo del non classificabile, della roba per fanatici di genere.

Per fortuna Una notte da leoni non è una saga fantasy, non è una serie di fantascienza, né di thriller, né di noir, né di azione, né di storia. È commedia, roba leggera, senza ansia da prestazione estetica. Così posso limitarmi a dire che il trequel mi ha procurato delle grasse risate, come speravo, così come mi era capitato per il primo, così come per il sequel. Per le commedie è spesso così, vedi ad esempio la saga di "Amici miei" o di "Brancaleone da Norcia".

La novità, rispetto agli episodi precedenti, sta nell’intreccio, non più incentrato sull’"hangover" post addio al celibato di un gruppo di amici come contesto di una spasmodica indagine a ritroso su cos’hanno combinato sotto l’effetto della "droga dello stupro". Stavolta Stu, Alan e Phil dovranno andare alla ricerca dello scombinato gangster cinese Chao, abbonato ai bagagliai delle auto guidate dai 3 e tra i personaggi più riusciti della serie. Non temete, comunque, quando meno ve l’aspettate l’hangover salterà fuori anche stavolta, e sarà da sganasciarsi. Così come non deluderà Alan, il vero eroe della serie, posseduto dal fanciullino stronzo (altro che Pascoli). Da un possibile ricovero in un rehab, tra dialoghi surreali e spassosi, il nostro arriverà ad incontrare la donna della sua vita. Immaginatene l’identikit.

Voto 7: Per chi apprezza il lato comico dei sensi di colpa post sbronza
Colin McKenzie