I film della settimana 22 - 28 Giugno

Altra settimana molto intensa, alla faccia del caldo, del mercato, delle vacanze e di tutto il resto.

Molto forte, incredibilmente vicino
Tom Hanks coprotagonista. Non nascondo che sui film con il vecchio Tom io ho sempre delle riserve. Non sono male, ma alcuni proprio non si possono vedere. Questo l'hanno anticipato parecchio con i vari trailer e alla fine sembra sì iperglicemico, ma fatto bene.

The Detachment
Adrien Brody, professore solo e scuola pubblica, forse uno dei più grandi cliché, ma sono curioso di vedere l'interpretazione di uno dei miei attori preferiti, prego vedersi il Pianista di Polanski.

Rock of Ages
Musical? Se è così, non c'è verso di farmi entrare in sala. O si guardano a teatro o non si guardano, tutto qui. Poi vorrei sbagliarmi, ma se proprio manderemo qualcun altro.

7 Days in Havana
Film collettivo: ogni regista un giorno. Questo sì che sembra davvero interessante. E tra l'altro di queste idee ogni tanto sentiamo il bisogno.

Quasi Amici
Torna, dopo il grande successo in sala, al cineforum un film che probabilmente mi perderò anche questa volta, ma state pur sicuri, un modo di vederlo ce l'ho.

Il Dittatore

Una sana raffica di risate politicamente scorrettissime, ma solo in apparenza. Per liberarsi da tic antirazzisti, femministi, sessual-libertari, e tutto il resto dell’armamentario ideologico incrostato dal conformismo dell’Occidente da esportazione. Ma anche per rendersi conto che il potere è il potere, a Est come a Ovest, e cioè una forma più o meno controllata di arbitrio di pochi su molti. E se non siete d’accordo, vi faccio giustiziare (calma, tanto le sentenze non le eseguono e vi faranno espatriare su un altro sito meno fico di questo).
Colin McKenzie
Voto: 7

Un'escalation di colpi bassi, una sventagliata di mitra su tutto e tutti: donne, Medioriente, Occidente, mondo dello spettacolo, lobby, Israele, Stati Uniti per arrivare a lei, alla più grande messinscena del mondo: la democrazia del più forte. Fastidioso, al punto in cui non puoi trattenerti dal ridere pur comprendendo le mostruosità che escono dalla bocca del dittatore. Satira, signori, satira! E ne sentivamo il bisogno. Comunque, ricordatevelo: la democrazia è un nano da giardino con le ascelle pelose.
Davide Mazzocchi
Voto: 7

 Se non ci fosse stato il bambino deficiente che rideva come un matto davanti a me, sarei stato io l'idiota a fare più casino, morendo dalle risate.
Paolo Delledonne
Voto: 8 sono anni che non rido così

Disturbato dal film Borat sono partito prevenuto per il Dittatore. Se pure troppo ostentato è riuscito a strapparmi delle risate. Formidabile e irresistibile Sacha Baron Cohen il vero film nel film.
Superflower
Voto: 6,5

Love and Secrets

Fosse stato per la locandina e soprattutto per il titolo, questo film non mi sarei mai sognato di andarlo a vedere. Possiamo aprire un mondo fatto di polemiche e insulti, ma sarebbe sterile decretare l'idiozia globale, quindi mi asterrò. All Good Things, questo il titolo originale (e sensato, altamente sensato) prende spunto da fatti realmente accaduti tra gli anni '70, '80 e 2000, ma si riferisce in particolare al negozio di alimenti biologici che David e Katie aprono in Vermont e che chiudono poco tempo dopo in favore dell'attività di immobiliarista di lui.

Tutto quello che i due avrebbero potuto costruire insieme, tutte le cose buone, la famiglia, gli amici, la vita, i figli possibili, sono spazzati via dal cemento, dagli affitti, dalla prostituzione e da altre prodezze finanziarie della famiglia Marks. È questo in definitiva il senso del film. La faccenda evolve e se all'inizio sembra di vedere A Beautiful Mind (la parte in cui lei si prende cura di lui soffrendo come pochi), la piega che prende nella seconda parte assomiglia di più al Talento di Mr Ripley o a Match Point. Ma in definitiva non è la brutta copia dei titoli citati: vive di vita propria, è completo, strutturato, mai banale.

Ansiogeno. Definizione passata su Twitter. Lo è, verissimo. Perché ci sono parti che uccidono lo spettatore: la freddezza di lui mentre dà di matto, la consapevolezza però che lui è malato (in mano a una schiera di psichiatri fin da piccolo), la lucidità di un assassino, l'organizzazione di un manager. Tutto questo è David, dietro la maschera dell'ottimo Gosling. Se vogliamo portare il discorso ancora oltre c'è la parte in cui un David ormai attempato si camuffa da donna e "sparisce". La maschera della maschera della maschera. Fino a che punto si può non conoscere una persona? È il dramma di Katie. Tutte le ottime cose che i due avrebbero potuto fare insieme, anche banalmente vivere, non si realizzeranno mai, nessuna sliding door, nessuna pietà, niente, il vuoto riflesso negli occhi di David. Tutti pensieri attuali, senza tempo, indagati in modo elegante.

Da vedere, ma preparati: non è un commedietta rosa lacrimosa e iperglicemica, è un dramma completo.

Voto: 7
Davide Mazzocchi

I film della settimana 15 - 21 Giugno

Il Dittatore
Già prenotata per la visione del mercoledì, la nuova fatica di Sacha Baron Cohen. Dai trailer sembra divertente al punto giusto per passare una sera senza troppi pensieri. La speranza è che abbia più ritmo di Borat che si siede giusto giusto per il finale.

La Bella e la Bestia 3D
Perché non rovinare un grande classico Disney con una bella iniezione di tecnologia tridimensionale? Sì, è polemica, perché in fondo non capisco (e non sopporto) queste manovre per far cassetta.

W.E. Edward e Wallis
In giro non se ne parla bene, da quello che si capisce sembra una commedia rosa e lacrimosa al punto giusto. Perdibile in favore di altro... love and secrets? Menzione d'onore per la locandina bellissima.

Love & Secrets
Passaggio al cineforum per Gosling e Dunst. Visti singolarmente mi sono sempre piaciuti, in Drive, Le idi di Marzo e Melancholia, per dire. In coppia creano molte aspettative.

Sister
Francese, drammatico, per il cineforum del giovedì. Questo è in forse. Rapporto tra fratelli e tema del furto/povertà? Almeno così pare.

Silent Souls

"Il vero amore è per sempre" e le luci in sala si riaccendono. Mi guardo attorno, siamo pochi ma tutti frastornati, non ci alziamo. Ci vuole un po' prima che il messaggio attecchisca e faccia fiorire qualche pensiero almeno un po' sensato. Si cerca di ripercorrere quelle strade dissestate decorate da scheletri d'albero, avanti e indietro nel tentativo di capire come si è arrivati fin lì. Ma la vera soluzione è che non ce n'è bisogno, la soluzione è sempre stata davanti agli occhi di tutti, solo, qualcuno doveva avere il coraggio di dirlo, che il vero amore è per sempre.

Si cerca di scavare dentro al film, ribaltarlo, sminuzzarlo per comprenderne le parti, per fare ordine, ma ancora non ce n'è bisogno. È fin troppo facile da capire, è questo il punto, non c'è bisogno. Se pensi che anche la trama è ridotta all'osso, i dialoghi, rari, sono addirittura superflui. Se pensi che alla fine la morte è una cosa naturale così come amare una persona, non hai bisogno di metterti lì a pensare a quello che hai visto. Eppure il tentativo lo devi fare. È ancora una volta l'essere umano ad andare in scena, tutto quello che rappresenta e il regista propone un'indagine delle cose più profonde del nostro animo raccontando la sepoltura di una donna, un viaggio di due uomini e le tradizioni di un popolo scomparso, per poi stabilire per sempre che l'amore è eterno.

Siamo tutti frastornati, come non si vedeva dai tempi della proiezione del Faust (prego vedere qui e qui), e abbiamo ragione, proprio perché si possono fare infiniti paralleli con il capolavoro di Sokurov. Due uomini, un viaggio, la vita, la morte, il senso a tutto questo, ma mentre nel Faust è tutto dialogo e annusarsi, qui è il silenzio a dominare. Il silenzio e la distanza. La voce fuori campo ci racconta i dettagli di questo viaggio verso il Volga, ma è il vuoto, lo spazio lasciato dalla morte di una persona a riempire gli occhi dello spettatore. Vuoto geometrico e perfettamente descritto dalla fotografia, vuoto dell'esistenza. Un vuoto che deve essere colmato con qualcosa. L'ultima frase: "il vero amore è per sempre", dà un senso a tutto e con le stesse parole semplici dei due protagonisti colma il vuoto lasciato dal silenzio.

Voto: 8, difficilissimo
Davide Mazzocchi

Margin call, o del Titanic azionario


Thrill e angoscia sono i sentimenti che suscita questa storia di un naufragio, raccontata nel rispetto delle unità aristoteliche. La notte che ha cambiato la storia di questi ultimi anni, la notte in cui fallisce una banca d’investimenti newyorkese dando il via a una delle crisi finanziarie più drammatiche di sempre viene messa in scena da un cast di top players del calibro di Kevin Spacey, Paul Bettany, Jeremy Irons, Zachary Quinto e altri ancora.

Film dai toni cupi, per meglio rendere la totale amoralità di un mondo nel quale conta solo accumulare denaro; nel quale dipendenti ventennali vengono licenziati in 5 minuti, tempo di svuotare l’ufficio e portar fuori gli scatoloni compreso; nel quale più guadagni più devi scialacquare; nel quale qualunque background culturale può funzionare, dall’ingegneria aerospaziale a quella civile; nel quale più si sale in gerarchia meno conta la competenza ("Me lo spieghi come fossi un bambino piccolo o un Golden Retriever", chiede il grande Capo Tuld al giovane analista Sullivan, mentre tutto il board osserva); nel quale un broker può ricevere un bonus di 1 milione e rotti di dollari se riesce a truffare un tot di clienti nell’arco di una cruciale, storica giornata, per poi sparire dalla circolazione.

Voto: 7. Geometrico.
Colin McKenzie

Margin Call

Di cosa parliamo? Dei protagonisti del film. Opera corale che fa apparire in ordine di grandezza tutti gli squali di questa bella banca di investimenti (tipo Lehman, Merrill). Prima ci sono i due impiegatucoli, poi il capetto, poi il capo e alla fine il board al gran completo. Per l'occasione sono stati tirati fuori dal freezer e scongelati attori che non si sentono da un po'. I vari Irons, Spacey, Quinto, Bettany, Moore. Tutta gente brava, bravissima, forse un po' stagionata, ma di certo spessore. Gente che riesce a tenere su la tensione solo con i dialoghi. Perché alla fine il film si riduce a una serie di dialoghi. Taglio teatrale e (quasi) unità di tempo e luogo: un buonissimo docu-thriller (si può scrivere docu-thriller in un blog?).

I dialoghi. Belli, taglienti, diretti. Cito alcuni passaggi: "Spiegamelo come se fossi un bambino piccolo o un Golden Retriever", e ancora "Sono solo soldi." E poi un bel monologo di Bettany che parla di ipocrisia dell'intero sistema finanziario: quella di chi maneggia i soldi e quella di chi li pretende per "vivere al di sopra delle proprie possibilità." Una bella critica che almeno non spara solo in una direzione, ma colpisce tutti e distribuisce per bene la pioggia di merda.

Ma c'è qualcosa che non riesce proprio a quadrarmi: il film non tende la mano, semplicemente non riesce a portare lo spettatore allo stesso livello degli affanni dei protagonisti. È già difficile immedesimarsi in qualcuno quando il film è corale e soprattutto quando non esiste nemmeno mezza figura positiva in tutto il cast (ok, Spacey ci va vicino, ma è comunque un personaggio dubbio). Cito: "Faccio fatica a simpatizzare per il povero impiegato che si becca 250.000 dollari l'anno, e se va male male ci guadagna su un altro milione." È proprio qui dove fallisce il film, nel far fare il salto allo spettatore dentro al telo grigio. Peccato perché poi non è nemmeno fatto male, anzi.

Voto: 7, ma con qualche riserva
Davide Mazzocchi

Stasera: Margin Call

Così da Wikipedia:
Il film si svolge nell'arco di 24 ore presso una banca d'investimento e si concentra sulla crisi finanziaria del 2007-2010. La trama segue quindi le vicende di un gruppo di impiegati durante il collasso finanziario.
Sempre sull'argomento abbiamo visto Inside Job, film documentario, con tanto di dati alla mano, interviste (concesse o negate) dei protagonisti della bella crisi che ha messo molti con il culo per terra. La differenza sostanziale è la scelta della forma: documentario da una parte, Inside Job e film (in senso più classico) dall'altra, 

Margin Call. Produzione indipendente e presentato al Sundance Film Festival del 2011. Le premesse sembrano molto interessanti, così come il cast: alcuni nomi piuttosto pesanti, Kevin Spacey, Demi Moore, Jeremy Irons, Zachary Quinto e altri. Aspettative? Sì, analisi, indagine e la possibilità di esplorare con i personaggi molti punti di vista sul collasso dei soldi finti degli ultimi anni.

La prossima settimana al cinema

Ok, qualche nuvoletta e temperature diverse da quelle che ci si aspetta a Giugno, ma insomma è estate. Mi sarei aspettato la chiusura del nostro buon cineforum, ma vengo smentito. Per la prossima settimana la proposta di film è interessante.

Margin Call
Ambientato nella crisi economica. Tema attuale, chiaramente. Prego vedersi anche Inside Job, documentario che parla abbastanza chiaro di che facce girano in questo mondo.

Silent Souls
Russo, drammatico, la storia di amore che comincia con la morte di lei. Così a occhi c'è ampio margine di introspezione. E un po' mi manca qualcosa di poetico. Per questo ho grandi aspettative (e l'avevano anche quelli che l'hanno nominato a Venezia).

Killer Elite
Action, action, action e ancora action. Almeno, il trailer non mostra molto altro. Però, incuriosisce che sia basato su un libro che dice di essere basato su avvenimenti reali. Ma alla fine... action.

Project X
Non so. Onda lunga dei vari Hangover 1 e 2? La produzione è la stessa, ma per qualche assurdo motivo mi incuriosisce. Forse per il titolo: dice più di quello che ci si aspetta?

Marilyn, tragicamente attuale

Inserendosi nel nuovo filone cinestoriografico già lucidamente richiamato da Davide, molto in voga in questo periodo forse per nostalgica reazione alla mutazione in atto con l'avvento della computer-graphic, s'inserisce quest'opera che, nel raccontare la controversa e dolorosa umanità dell'icona cinematografica novecentesca per eccellenza, mette in scena un altro vecchio conflitto da fase di passaggio: quello della fotogenia istintiva e scatenaormoni che nello spettacolo cinematografico sopraffà inesorabilmente l'arte della recitazione teatrale. Le insegnanti di recitazione sono solo dei supporti psicologici (altro che metodo Stanislavskij), gli assistenti e i manager sono degli innamorati disperati, gli spettatori possono solo adorare il prodigio della bellezza. Ma la dea Marylin non può che divorare la povera Norma Jean, che a sua volta, non tanto per salvarsi quanto almeno per prolungare l'agonia, non può far altro che sbirciare le persone normali, invidiandole, e regalare loro un sogno di amore impossibile.

Colin McKenzie
Voto 6.5

Marilyn

In un momento in cui il cinema sta per certi versi riscoprendo, indagando e tributando le proprie origini,  (prego vedersi The Artist, Hugo Cabret) un film biografico su Marilyn Monroe non sembra affatto stonare. Riportare sul grande schermo una persona che è stata per un periodo un'icona indiscussa, l'oggetto del desiderio di moltissimi, è sicuramente una sfida interessante, così come la sua effettiva realizzazione: Simon Curtis, il regista, ha usato lo scritto di Colin Clark come partenza e l'ha interpretato in maniera elegante.

Marilyn quindi, la bionda che si è stampata nell'immaginario di molti. Il film, biografico, fa subito la scelta importantissima di non mostrare tutta la vita, ma solo una piccola parte, un anno in cui l'attrice americana ha girato un film, Il principe e la ballerina, con il colosso del teatro inglese Sir Laurence Olivier (nei panni di regista e coprotagonista). Scelta importante, perché almeno si distacca dalla solita cronistoria che rischia di assomigliare di più a un sommario che a un'indagine. Il punto di vista non è nemmeno quello di Marilyn. Lei è vista dall'esterno attraverso gli occhi di tutti gli altri personaggi presenti nel film. È fantastico osservare come ognuno di questi personaggi aggiunga spessore a lei, alla dea greca di cui si innamora Colin. Così possiamo vedere la Marilyn attrice, la donna, la bimba, la moglie, la persona preda della depressione, insicura, malata. La persona vera insomma e non quell'immagine bidimensionale della maschera bionda sorridente e ammiccante.

Attraverso Colin anche lo spettatore si innamora di Marilyn, e come potrebbe essere altrimenti? La scena bellissima dei due lungo il fiume: colori pastello, leggerezza, vento. Mi sono preso la briga di guardare le facce degli altri spettatori illuminate dalla luce riflessa del telone. Ho visto gli occhi sognanti di tutti, mentre la ammiravano felice almeno per un momento. È questa la vera forza del film. Sì, ci sono anche tante altre cose, non ultimo il tributo al cinema, alla sua storia, alla sua evoluzione, il confronto con il teatro. C'è anche una minima indagine (a suon di citazioni di Shakespeare) sulla fama di chi l'ha per talento e di chi la brama e la merita. Ma alla fine tutto sbiadisce con la figura di una donna distrutta che sullo schermo risplende come una vera stella.

Voto: 8
Davide Mazzocchi


Conoscere la vita interiore di una Stella del genere scoprendo il suo lato così fragile e contradditorio non può che essere doloroso. Sì doloroso per tutti, per lei, per gli innamorati e per gli spettatori... estasiati comunque da lei Norma in arte Marylin!
Citando Lucy e Colin: Sì mi ha fatto soffrire... mentendo dico... solo un pochino...  ma è quello che gli serviva  no? E allora perchè non concedergli una sbirciatina... sì solo ogni tanto... ma questa sbirciatina se pur dolorosa non può che servire anche a tutti noi.

Voto: 7
SuperFlower