Cosmopolis

Cronenberg. Pochi mesi fa ci ha raccontato la storia di Jung e Freud prendendosi la libertà di fare un film dal ritmo incerto, che mette paura allo spettatore e che in fondo non spiega assolutamente nulla di cosa sia la psicoanalisi. In omaggio mette l'accento su uno scontro che i due giganti hanno avuto, ma non con le dovute proporzioni. Dopo questo scivolone, ritroviamo il vecchio David alle prese con qualcosa di più recente e sbarellato (si può scrivere sbarellato in una recensione?).

Basato su un romanzo di DeLillo, questo Cosmopolis parte anche bene e stabilisce subito il tema centrale e la scelta stilistica: abbandonato il serio, si torna sul pacato surreale. Il Pattinson decide che è ora di darsi una sistemata al taglio ed esce di casa. Con questo flebile pretesto, DeLillo e Cronenberg ci mostrano una società che merita ancora una volta una critica: il potere nelle mani di giovani rampanti che gestiscono infinite fortune e salgono nell'olimpo dei grandi miliardari per poi precipitare a causa dei capricci di una monetina cinese. Si tira in ballo anche l'arte (il possesso della stessa), il rapporto uomo-donna (freddo, distaccato, alla stregua di un mestiere o un dovere imposto da interessi altissimi), il sesso (fatto in macchina, tanto per gradire) e la protesta degli indignati.

Nonostante tutto, le premesse, i temi e un inizio francamente piacevole, Cronenberg cade nella retorica di dialoghi lunghi e più simili a giochini intellettuali con cui lo spettatore può confrontarsi se ha voglia. Notevole quello fatto durante la rettoscopia (anche questa in macchina, mentre il Pattinson paziente, discute di macroeconomia e pulsioni sessuali), notevole, ma inconcludente, quello finale con Paul Giamatti. Peccato, perché finire un film così lascia un brutto ricordo. In definitiva, è un film interessante, questo sì, ma bisogna mettersi lì a cercarci un senso e scavare a fondo in un terreno sabbioso e incerto. Ah c'è anche un topo gigante.

Voto: 5,5 perché il collega metterà 6,5
Davide Mazzocchi

Hunger

Hunger arriva nelle sale italiane fuori tempo massimo, per la vergogna di chi non ha il coraggio di mostrare lungometraggi di questo genere, riservando loro un timido passaggio al cineforum in prima serata. Ci strappiamo i capelli per quello che Diaz rappresenta (e ha rappresentato) per l'Italia. Ma stiamo cercando di difendere un film (Diaz) che non ha il carattere, nè la bellezza tragica di Hunger, che sbiadisce al suo confronto. Non esiste un paragone. Non esiste e questo deve essere chiaro per tutti.

Steve McQueen, sbeffeggiato dalla critica per il nome strambo di attore d'altri tempi, ha ribadito il concetto con Shame, mostrandoci l'animo umano e l'animo della società che l'ha forgiato. Ci è piaciuto, diciamo pure che abbiamo amato Shame, ma Hunger... beh, quello è tutta un'altra storia. "Vaffanculo!", una cosa a cui il cinema ci ha abituato. Peccato che la frase precedente sia "E cosa dirai a tuo figlio?" È questo Hunger: è il mostrare il limite dell'idealismo di una persona, di un gruppo di persone. Idealismo che porterà alla tragica e inevitabile conclusione. Hunger ci mostra il lato sporco di quel Regno Unito che ha un curriculum di merda lungo centinaia di anni, della signora Tatcher, idolatrata in The Iron Lady, delle carceri, dei secondini che picchiano.

Hunger è anche il confronto tra l'indifferente quotidianità di chi è schiavo di un sistema (il tizio che spazzola il corridoio, indifferente), la merda umana insomma (cit. Alberto A.) e l'idealista, Bobby, che si lascia morire per far sentire la sua voce nel silenzio della sua agonia. Hunger è sofferenza, tanta sofferenza, quella delle botte, della fame, dell'umiliazione. Hunger è la vita di tutti i giorni, raccontata con le piccole cose, la colazione, i fiori alla madre in ospizio, il controllare che la macchina non sia stata resa esplosiva dall'IRA. Hunger è teatro: tre atti in cui le parole e le immagini danzano una coreografia perfetta. Il dialogo centrale è una lezione di stile ed emozione. Due persone, un tavolo e qualche sigaretta e ti tiene lì incollato alla poltrona. Hunger è... perfetto.

Voto: 10
Davide Mazzocchi

Steve McQueen ha la straordinaria capacità di costruire personaggi vivissimi e di immediata identificazione tramite le piccole cose e i rituali della quotidianità. Ha inoltre un talento visionario e iperrealista, forse tra i pochi veri epigoni di Kubrik, che gli consente di creare inquadrature come fossero opere d'arte contemporanea.

Colin McKenzie

Persepolis

Il passaggio in sala di Pollo alle prugne ha fatto tornare la voglia di (ri)guardarsi Persepolis, sempre firmato da Marjane Satrapi, in tutti i sensi. Ricordiamo che il film è tratto da un fumetto scritto e disegnato dalla stessa Marjane, che mi permetto di trattare in modo cordialmente amico, avendo condiviso per il tempo del film i suoi ricordi e i suoi pensieri, proibiti alla sua stessa famiglia ("Promettete di non fare domande.")

Cos'è Persepolis se non un voler raccontarsi? Un bisogno di raccontarsi, mostrare l'evoluzione di una persona, una bimba all'inizio, che diventa adulta fin troppo alla svelta grazie a una guerra che sta dilaniando il suo paese. Una volta espatriata in Austria, la giovane Marjane trova la complicità e l'amicizia di altre persone, così diverse che, nonostante le dedichino tempo e amore, rimarcano una volta ancora la solitudine e la diversità di Marjane. Inevitabilmente Marie Jeanne (la chiamano così per un po' e fa tenerezza) scopre l'amore, la felicità, il tradimento, il dolore. Tutto questo è narrato da un punto di vista abbastanza distante per essere oggettivo e abbastanza vicino da far percepire il profumo delle emozioni e dei sentimenti di Marjane. E chi è la sola persona che può compiere una prodezza simile se non chi le ha vissute realmente? Non una confessione, solo il bisogno di parlarne. Tutto qui.

Ma il film non si limita a questo, no, certamente. È reso preziosissimo dallo sguardo che indaga sulla guerra, sulla politica, sulla religione, in Iran e sulla vita così diversa che si trova ad affrontare in Austria, tutto visto da molteplici punti di vista e narrato con voci diverse: la Marjane bimba, la ragazza, i genitori, i soldati, gli amici austriaci, lo zio, la nonna. Personaggio grandioso, la nonna. Schietta al limite della durezza, forte, con una saggezza antica che fa quasi paura. Nel disegno in bianco e nero della nonna, in Iran, si percepisce il calore di quell'abbraccio verso i tre quarti del film. Ha un dono, Marjane: sa raccontare. L'ha dimostrato in Persepolis e l'ha confermato con il suo Pollo. Consigliato caldamente.

Voto: 8
Davide Mazzocchi

Dark Shadows

Che io non sia un Tim Barton fanboy si sa da un bel pezzo. Depp mi piace, ma con riserva. La premiata ditta Burton e Depp mi ha regalato in passato emozioni molto contrastanti, dal fastidio alla meraviglia e questo Dark Shadows lo aspettavo al varco per spareggiare il conteggio. E invece, niente da fare: lo promuoviamo con riserva ma il punteggio totale rimane fermo sul pareggio.

Il trailer, il maledetto trailer, mostra solo la parte divertente del film, mentendo spudoratamente sul reale contenuto. Mossa che non paga fino in fondo. O meglio, paga nel far affluire gente in sala, ma delude all'uscita. Chi si aspetta una commedia molto brillante, fatta di incantesimi e trovate, battute e controbattute tra la Green (la vera star del film) e Depp, contrasto tra vecchio (1760) e nuovo (1970), rimarrà inevitabilmente deluso. Sì, ci sono parti divertenti, ma non sono efficaci, proprio perché il trailer le ha rivelate anzitempo. E sì, ci sono parti noiose e francamente un po' stiracchiate.

I personaggi sono simpatici, ma tolti i due protagonisti amanti-nemici, non ci ho visto molto atro. Divertenti le macchiette della vecchia, del maggiordomo e della psichiatra, ma niente di più. La storia c'è, ma è semplice semplice, prevedibile? Sì. Sarebbe stata una novità se i due, il bell'eterno e la bionda strega, si fossero messi d'accordo per un rapporto sentimentale ed economico fruttuoso per entrambi alla faccia della famiglia di derelitti. È anche vero che l'ambientazione è simpatica e accattivante, la colonna sonora piacevole (con Alice Cooper dal vivo!) e gli effetti speciali e la fotografia azzeccatissimi. Tanto mestiere, ma non altrettanta originalità (pensiamo anche che il film è tratto da una serie degli anni '70). Altro dubbio rimangono i dialoghi, forse un po' pomposi. Sarebbe interessante vederlo in inglese per capirne il mood.

Pareggio quindi, aspetto il prossimo film per decidere se Burton-Depp meritano la fatica del biglietto e dell'odore di pop-corn.

Voto: 6
Davide Mazzocchi

Ho cercato il tuo nome


Risparmiate il vostro tempo. La vita è sicuramente meno banale e noiosa di così. Assegnerei volentieri il voto più basso in assoluto, uno (1), perché questo film non si merita nemmeno di essere ricordato, ma oggi mi sento buono.

Voto: 2
AC

Pollo alle Prugne

In una settimana povera di film quanto meno interessanti, questo Pollo alle Prugne è un fulmine a ciel sereno. Certo, la regista la conoscevamo già: si tratta di quella Marjane Satrapi che ha scritto Persepolis (fumetto), diretto l'omonimo film e adesso ha sfornato questo Pollo alle Prugne dal gusto amarissimo. Una bella riconferma, la dimostrazione che si può scrivere una storia anche banale ma renderla meravigliosa solo grazie alla narrazione.

La storia, in due righe, narra la vicenda di Nasser Ali, violinista eccelso che dopo un litigio con la moglie (che non ama) decide di lasciarsi morire, avendo visto il suo violino distrutto da una scatto d'ira della consorte. Otto giorni è la durata totale del trapasso, durante i quali ha la possibilità di ragionare, sprofondare nei ricordi e nella noia, nella disperazione, nella follia. Ricordi che parlano di una storia d'amore molto più grande e intensa che, nonostante la fine tragica, gli ha regalato l'arte e ha esaltato la sua musica.

Poi di mezzo c'è anche l'angelo della morte, i figli, la madre, il luttto, una fiaba persiana (resa con animazione in 2D, ma d'altronde proprio il film inizia con la versione persiana del "C'era una volta"). Non è tanto il fatto in sè quanto la resa. La parte tecnica del film è notevolissima e forse è la cosa che stupisce di più in assoluto una volta usciti dalla sala e tornati all'ingresso sotto i cartelloni di American Pie (sì, è polemica). È un turbine di personaggi, suoni, colori e musica. Un'ottima miscela che riesce a condire alla perfezione una storia d'amore tanto tenera quanto tragica.

Voto: 8
Davide Mazzocchi

Dark Shadows - Pensieri Misti

Burton e Depp, Depp e Burton e Michelle Pfeiferr. Data la settimana fiacca, cinematograficamente parlando, non mi resta che pensare alla prossima. E sul menù ci sono Burton e Depp gusto vampiro (una novità di questi tempi). Non lo nascondo nemmeno: non sono un fan di Burton, ma apprezzo molto Depp (soprattutto in ruoli più "normali", Donnie Brasco ti dice nulla?). L'ultimo Alice di Burton non l'ho nemmeno finito. Poco ispirato, noioso, sapevo di già visto lontano un chilometro. Sweeney Todd, beh, dai e per quello che mi riguarda è un complimento, dato che i musical insomma non è che mi facciano impazzire. Il mistero di Sleepy Hollow, bello, gotico, scuro. Edward mani di forbice, ho dei bei ricordi, non darei un giudizio critico: troppo giovane, tutto sensazioni.

Quindi un pareggio, questa è la volta buona che la beata coppia Burton-Depp può fare il colpaccio, per quello che mi riguarda. Il trailer promette bene, e forse per questo ho qualche sospetto. Voglio, pretendo di essere smentito!

Chronicle

Che fosse la settimana dei superpoteri l'avevamo capito lunedì con gli Avengers. Chronicle continua degnamente la serie della gente che vola e aggiunge i superproblemi all'equazione. La trama, piuttosto semplice, mostra tre ragazzi alle prese con la telecinesi, potere acquisito dopo la visita di uno strano cunicolo con dentro dei minerali strambi e abbastanza luminosi. Naturalmente non può andare tutto dritto e dopo un primo momento di esaltazione, va tutto a rotoli.

Nonostante la trama semplice, la sensazione che si ha all'uscita della sala è interessante. È quella di chi ha assistito a qualcosa di già visto, sdoganato, ma che funziona e che elude in qualche modo il passare degli anni. E l'altra è la convinzione che sotto sotto questi tre ragazzini che volano ci vogliano dire qualcosa di un po' più profondo di "Hulk spacca." Chronicle, se analizzato per bene, non è altro che un minestrone di roba che è passata al cinema o in TV da anni. Elenco in arrivo! The Blair Witch Project Cloverfield: il punto di vista è l'immancabile aggeggio amatoriale portato a mano e, nel caso specifico, fatto volare grazie al potere mentale (bell'idea). Il pretesto è banalotto, ma tolto l'imbarazzo iniziale funziona. Heroes, gente normale con superpoteri e problemi fin troppo normali: stessa cosa qui, il problema è la società (in grande) e la famiglia (in piccolo). Akira: manie di grandezza, perdita di controllo, vetri che cadono, palazzi che esplodono (sì un'altra città viene rasa al suolo: un classico). Le scene finali del film gli assomigliano molto, anzi a ripensarci, gli assomigliano davvero moltissimo. Un miscuglio, ma ben fatto. Tutto il montaggio delle immagini riprese da fonti diverse tiene a sufficienza. Ho qualche appunto, ma sembra di cercare per forza qualcosa che non va.

L'altro aspetto, forse quello interessante, è la condizione del protagonista. Situazione sociale e famigliare più o meno a pezzi che non fa troppo bene a un ragazzino che vorrebbe essere come gli altri ma che si ritrova sempre più solo. Per assurdo, i superpoteri che gli regalano un minimo di notorietà sono anche la causa di tutto il dolore che proverà in seguito. Un dramma, forse buttato addosso allo spettatore senza troppe remore e con poca eleganza, ma che dipinge una brutta società. A questo ritratto ci stiamo facendo un po' l'abitudine purtroppo e la cosa non è che consoli molto.

Poi per curiosità mi sono anche guardato il budget per la realizzazione (fonte Wikipedia): Cronichle 15M, The Avengers 220M. Niente polemica, naturalmente, a me sono piaciuti entrambi e sono talmente diversi che forse il paragone non regge: giusto una curiosità.

Voto: 7
Davide Mazzocchi

Diaz, don't clean up this blood

Facciamo un attimo pausa con i supereroi americani e torniamo in Italia. Altro luogo, altro tempo: Genova, luglio 2001. Inutile che stia qui a raccontare i fatti del G8, qualcosa in giro si trova e questo film mostra cosa è successo all'interno della scuola la notte di sabato 21. Tanto per essere chiaro, a me Diaz non è piaciuto per niente, sì mi ha colpito, mi ha sconvolto, ha svolto una funzione precisa, ma assolutamente piacermi, beh, quello no.

Non esiste narrazione. Non c'è l'ombra di una trama, non ci sono i personaggi: ci sono pupazzi di carne che alternativamente menano il manganello o sanguinano. Non c'è pathos, non ci si identifica con nessuno, non c'è indagine, non c'è approfondimento. È asettico come un documentario, solo che al posto del leone che mangia la zebra, è presente un esercito in divisa blu che massacra a piacere chi si trova lì anche per caso. Il nonno che dice al poliziotto "Così non si fa" è quasi patetico se non fosse seguito dal pestaggio generalizzato. Sono due ore di pestaggio. Dopo la prima mi viene quasi in mente La Passione di Cristo (altro film che non posso assolutamente concepire). Diaz non indaga, non documenta, non narra: mostra.

Mostra la brutalità e la bassezza umana, mette a nudo la bruttezza delle azioni compiute, denuncia. Colma un vuoto che doveva essere riempito in qualche modo affinché una cosa del genere non si verifichi più. Perché è quasi un insulto pensare che ci sia gente così al mondo e parlo chiaramente dei massacratori che non contenti si fabbricano anche un alibi, delle prove e si assolvono agli occhi di tutti dopo aver commesso una porcheria degna di un regime e non di una democrazia. È questo che fa Diaz, sputa in faccia a queste bestie assetate di sangue e violenza. E questo lo fa bene: sarà un documento che rimarrà, forte e brutto come una cicatrice sul volto di una bella ragazza, qualcosa di cui vergognarsi. È questo il suo scopo, lasciare un segno indelebile.

Voto: 6
Davide Mazzocchi

The Avengers


"The Avengers spacca!" Questo è il mio primo pensiero all'uscita della sala cinematografica: il film infatti funziona e anche piuttosto bene. Il lavoro fatto per unire tutti i personaggi Marvel in un'unica pellicola è stato davvero ottimo grazie anche ai vari riferimenti ai film dei singoli eroi. In effetti il limite piu' evidente di questo prodotto è l'essere troppo dipendente, almeno nelle fasi iniziali, dagli altri film rendendo l'introduzione un po' destabilizzante per chi non conosce le gesta precedenti. 
Fortunatamente per i profani tutto viene spiegato con il succedersi della pellicola rendendo il prodotto godibile per tutti. Critiche particolari al film non ce ne sono se non il fatto di dover bilanciare un po' i personaggi tagliando uno spazio un po' per tutti (anche per il "povero" Capitan America bistrattato dal mio collega). Concludendo un ottimo film sui supereroi.

Voto: 8
Alberto Bosio

Perché (non) mi piacciono le squadre di supereroi

La squadra, e non parlo di quelle di carabinieri, polizia, forestale, finanza, RIS, in onda in tele da noi, ma quella di supereroi con superpoteri e superproblemi appena passata al cinema. Gli Avenger al completo, come protagonisti di un film d'azione, funzionano? , anzi no, anzi ok, va bene così.


Perché Sì

  • Contrasti tra personaggi: la parte che ho apprezzato di più è stata l'inizio quando non è che vadano proprio troppo d'accordo. Ci sono grandi potenzialità narrative e di sviluppo dei personaggi.
  • Azioni corali: ottime le scene in cui l'azione si sposta velocemente da uno all'altro dando l'idea di squadra come unità narrativa.
  • Complementarietà: i singoli hanno capacità specifiche e in questo contesto possono (e deveno) diventare specialisti. L'esagerazione di un personaggio non è più un problema è un bene.
  • Grande varietà di trame: le trame possibili possono attingere dal background di ognuno. Dato poi il continuum che imbeve le testate americane, questa è manna che scende a secchi.
Perché No
  • Livello di potere: chiaro che si deve calibrare il cattivone sulla taglia dell'eroe più grosso. Con delle divinità di mezzo è dura pensare a un rapitore di bimbe come cattivo.
  • Continuum stiracchiato: se il cattivone deve essere grosso, i personaggi più piccoli non hanno da fare nient'altro che stare a guardare il soprannaturale che si rende reale e soprattutto letale. Poveri mortali con due pistole arrugginite non hanno molto da fare.
  • Le possibilità infinite generano caos: il mischione globale dei cattivi (livellati verso l'alto) è la rampa di lancio per l'assurdità. Che in un film di supereroi può anche starci bene, ma si rischia il ridicolo.
  • Conflitti interni ed eterna telenovela: proprio Marvel ci ha insegnato che le scaramucce tra i super in calzamaglia possono generare una roba stile telenovela brasiliana che non fa benissimo.
Perché The Avengers funziona? Perché la dose di tutti i sì e di tutti i no è calibrata in modo decente, forse questo il miglior pregio della pellicola.

The Avengers - I promossi e i bocciati

Ed eccoli tutti quanti insieme sul grande schermo per la prima avventura degli Avengers che continua un ciclo positivo di supereroi al cinema svecchiati, lucidati e ritoccati a dovere. Le sensazioni generali su questo film sono tutto sommato buone, restano alcuni pensieri sui singoli personaggi della squadra di difensori del piccolo pianeta azzurro.


Colonnello Nick Fury: Promosso con riserva
Più che un capo carismatico, un abile manipolatore del servizio di spionaggio. Il fatto che riesca a mettere insieme una cosa come la S.H.I.E.L.D. munita di portaerei volante la dice lunga sul suo potere a tutti i livelli. Avrei apprezzato molto un suo ruolo come tattico e coordinatore della squadra, qualcosa di più attivo che non un freddo supervisore di pazzi furiosi muniti di superpoteri. Comunque, personaggio riuscitissimo.

Vedova nera: Promossa
Ottimo personaggio, ottime caratteristiche fisiche e mentali. Probabilmente dopo Stark la più astuta in tutto il gruppo. Non che ci voglia molto a duellare in intelletto con Hulk e Thor, ma almeno Vedova Nera si riserva un ruolo di spia d'eccellenza nonché agente operativo. Tanto per dare un'idea, gliele suona anche al compagno di squadra Hawkeye.

Hawkeye: Rimandato a settembre
Personaggio interessante ma nulla di ché. Abilità tattiche e operative indiscutibili, ma in questo lungometraggio mi è sembrato un po' sottotono. Vero anche che con minacce aliene, divine e supernaturali, quattro frecce, anche se ben piazzate, faticano a fare la differenza. Poco approfondito e relegato a ruolo di soldato non ci ha lasciato molto, ma vogliamo dargli fiducia.

Thor: Bocciato
Si dimostra meno intelligente di Hulk, meno sveglio di un sasso e meno pronto di treno italiano. Più che qualche predica bella retorica non fa, oltre a farsi fregare ripetutamente dal fratello. Ok, mena le mani come un fabbro, ma alla fine da un dio è lecito aspettarsi un po' di più, almeno che si sbatta a recuperare Stark in caduta libera, visto che è l'unico a volare di suo. Aveva già dimostrato tutto nel suo film e qui replica. Terribile.

Hulk: Promosso con lode
Non fa molto, vero, ma quello che fa è memorabile. Incarna alla perfezione tutte e due le facce, quella del dottor Banner, distrutto dal mostro che si porta dentro ma brillante scienziato, e quella del bestione ignorante e selvaggio. Nonostante compaia forse meno di Thor, è un personaggio molto più determinante. Gli viene anche affidato il ruolo di divertente macchietta rendendolo in qualche modo completo.

Capitan America: Bocciato
Poco più interessante e poco più utile di Thor, ma con la stessa vena retorica. Nel suo film non aveva nemmeno fatto la figura del povoreccio, anzi, ma in questo proprio lo vediamo quasi a disagio. Chiaramente la minaccia è al di sopra delle sue capacità e così come Vedova Nera e Hawkeye viene relegato a un ruolo di supporto. Purtroppo gli viene affidato anche il compito di tattico e stratega, almeno nella battaglia finale, senza però farlo brillare per bene. Altra nota dolente il restyle della tutina blu, molto peggiore rispetto alla versione del film precedente.

Ironman: Promosso
Tony Stark già lo conoscevamo dai precedenti due film dell'omino di latta e questa ultima apparizione conferma la qualità del suo personaggio. Brillante, sveglio, attivo, sagace, sarcastico. Nessuna sorpresa, ma sempre piacevole vederlo compiere acrobazie in tutti gli ambiti, dalla scienza al menare le mani, al volo.


Loki: Promosso con riserva
Ok, non è un vendicatore, ma recita una parte piuttosto corposa del film. Lo mettiamo qui perché alla fine il ruolo di antagonista l'ha fatto proprio per bene. Belli i dialoghi/monologhi, bella l'interpretazione, bello il personaggio che almeno usa la testa per ottenere ciò che vuole. È un peccato che in qualche scena sia stato bistrattato e reso quasi ridicolo da Hulk e Hawkeye. Ma alla fine è stato un cattivo degno di nota.

La squadra: Promossa
Nel complesso la squadra funziona, con tutti i ruoli coperti più o meno bene dai vari personaggi. Abbiamo gli ignoranti, i supporti, i tattici, le primedonne e il capo della baracca. La speranza è di vedere un nuovo lungometraggio che confermi la qualità e il livello di intrattenimento di questo primo film dei Vendicatori. Viene anche la voglia di leggiucchiare qualche pagina Marvel per continuare a divertirsi con questa gente.